“Egli
(l’Apprezzatore) non può sopportare l’esigenza
di
verità della cosa, e quindi non può nemmeno
assumere
un atteggiamento critico: l’opera d’arte
viene
inghiottita come un articolo di marca”[1]
Nel 1963
l’editore S. Fischer Verlag di Francoforte pubblica una nuova raccolta di saggi
adorniani Der Getreute Korrepetitor.
Lehrschriften zur musikalischen praxis.
Testo
ineluttabile, anticipatore, ricco di stimoli e spunti a cui possiamo tornare
ancor oggi con grande diletto, alfine rinfrancati.
Il saggio
d’apertura, l’Apprezzamento della musica,
è una sarcastica e lucidissima critica alla statunitense Music Appreciation (Hour) e una messa a nudo, spietata, del
pedagosimo a buon mercato che la caratterizzava (la caratterizza?). Qui troviamo,
oltre alla feroce critica alla pedagogia musicale d’allora, americana poi
europea, diversi assunti che credo possano essere di utile spunto e stimolo per
chi si occupa dello scrivere di musica.
La recensione
di un disco (di un concerto) può avere una funzione pedagogica di orientamento e
contributo alla formazione dell’ascoltatore?
Recensire è
criticare, compiere delle scelte ed esprimere un giudizio di valore fondato,
per quanto singolare possa essere, del quale assumersi la paternità e la responsabilità.
Ecco perchè qui scrivo in prima persona e continuerò a farlo, non avrò così la
presunzione che le mie considerazioni o giudizi possano essere generalmente
condivise.
Adorno
disseziona ed analizza puntualmente il significato del termine apprezzamento
(nelle due lingue a lui più vicine) “…
(apprezzare significa) voler dire bene di
qualcosa per la cui bontà non si vuole personalmente garantire del tutto,
preferendosi usurpare un punto di vista che stia al di sopra del problema
qualitativo, un punto di vista che permetta di prender parte al coro delle lodi
senza però perdere la parvenza di uno che ha il gusto difficile”. Il
problema qualitativo! Il problema qualitativo!
Già…ce
l’eravamo quasi scordato. Qui sta uno dei nodi cruciali: tentare con i propri
mezzi e risorse, e con l’aiuto insostituibile delle “persone di buona volontà”, di indagare e portare alla luce le
qualità della musica (o le non qualità). Compito ostico ai limiti delle
possibilità umane, non supportato peraltro dal linguaggio verbale, sovente
fallace, sempre ambiguo; compito ambiziosissimo poi ma talmente nodale e gratificante
che anche il solo tentativo, se condotto con onestà intellettuale, può essere così
soddisfacente da dare i brividi.
“La conoscenza di fatti secondari, di dettagli
biografici, di eventi storici e di associazioni esteriori è scambiata con
l’oggetto e il suo contenuto. Il commentatore così facendo sottintende il punto
di vista del consumatore come se fosse automaticamente quello valido e lo
conferma…” quando
sarà che non dovremo più leggere recensioni che si limitano a quei “fatti secondari, dettagli biografici,
eventi storici e associazioni esteriori…”?
Analisi
lucidissima che seppur riferita alla “music
apppreciation” è traslabile, senza grandi sforzi ed aggiustamenti, alla
critica musicale non esclusa quella jazzistica.
continua...
[1] Theodore W. Adorno , Il fido maestro sostituto, Milano,
1969 (Einaudi). (Trad. It di Der Getreute Korrepetitor. Lehrschriften
zurmusikalischen praxis, Frankfurt Am Main, 1963 S. Fischer Verlag)
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